Cattura del Tanaro

Il fenomeno della cattura fluviale è noto dal XIX secolo ed è stato studiato approfonditamente nel Bacino Terziario Ligure - Piemontese usando come riferimento il caso del Tanaro, che è così diventato noto a livello mondiale.

In via generale, si può affermare che dove il corso di un fiume piega bruscamente, e nella prosecuzione rettilinea si nota una valle senza fiume, si ha un indizio forte che vi sia stata una cattura fluviale.

Si tratta di un evento piuttosto comune e diffuso, che spesso causa conseguenze su tutta l'area del suo bacino innescando un "ringiovanimento" del corso d'acqua, cioè  una ripresa della fase erosiva che coinvolge sia il tratto a monte che a valle, compresi gli affluenti.

Federico Sacco (Fossano, 1864 - Torino, 1948), geologo, pubblicò un'enorme mole di lavori scientifici in campo geologico, fra cui molti riguardanti il territorio del cuneese.

Durante gli scavi per la costruzione della ferrovia Bra-Alba, nella seconda metà dell'800, emersero nella zona di Bra i ciottoli tipici della valle Tanaro. Però il Tanaro scorre oggi circa 80 metri più in basso, oltretutto girando a est prima di giungere a Bra. Questo fatto fece sorgere l'ipotesi che anticamente il Tanaro percorresse la direttrice alla base delle colline di Bra e Sommariva bosco.

La carta tratta da "L'alta valle Padana durante l'epoca delle terrazze in relazione col contemporaneo sollevamento della circostante catena alpino appeninica", 1884, disegnata da Sacco indica il corso dei fiumi durante il plio-pleistocene fino al periodo attuale.

Seguendo le direzioni indicate in giallo, si nota il primitivo corso del Tanaro, a destra, che disegnava la scarpata nord-est degli altipiani del Beinale, di Salmour (Piambosco) e di Fossano (Femolasco). Il basculamento della pianura in sollevamento, sotto la spinta della placca africana contro quella europea, insieme a un complesso di eventi locali, portò i fiumi a spostarsi verso est.

Il Tanaro era già all'epoca un fiume di pianura a lento corso con meandri, che passava sopra la zona di Bra e proseguiva in direzione di Sommariva fino a confluire nel Po all'altezza di Carignano.

Le stratificazioni indicano l'immersione dei depositi in direzione nord-ovest.
Giallo: Sabbie d'Asti del Piacenziano - Arancione: Argille azzurre dello Zancleano - Rosa salmone: Vena del gesso del Messiniano - Marrone: Marne di S. Agata del Tortoniano-Messiniano inferiore

Fino a 80.000 anni fa, le colline non erano ancora divise in Langhe e Roero, ma costituivano un corpo unico che delimitava la pianura cuneese sul lato orientale.

Contemporaneamente, un piccolo fiume, detto spesso "Fiume X", scendeva dalle colline a est circa all'altezza di Cherasco. Il contemporaneo sollevamento della pianura cuneese e la subsidenza di quella alessandrina portarono il letto del fiume X a inclinarsi e aumentare la pendenza, con un aumento della sua capacità erosiva. Questo piccolo fiume, infatti, erodeva facilmente i terreni di natura sabbioso-argillosa di origine marina che compongono queste colline. La sua sorgente arretrò nel tempo e arrivò a lambire il corso trasversale del Tanaro.

Fu probabilmente durante un evento di piena che il Tanaro sfondò l'argine destro e finì per riversarsi nel corso del piccolo fiume. Un tempo si pensava che fosse stata solo l'erosione rimontante del fiume X a intercettare il Tanaro, mentre oggi si tende a dare più importanza anche alla tracimazione laterale del Tanaro che si spostava verso est.  Il Tanaro si trovò, quasi improvvisamente, a incontrare il Po non più a Carignano, ma a Valenza Po, circa 150 metri più in basso in quota rispetto a prima.

La Stura di Demonte, che confluiva nel Tanaro non distante dal punto di cattura, contribuì con il suo apporto idrico all'intensa erosione che ne seguì.

Questo ultimo disegno indica la situazione attuale: il piccolo rilievo residuo del monte Capriolo, le scarpate di Stura e del Tanaro, gli abitati di Bra e Cherasco con le scarpate dei terrazzamenti antichi (in alto a sinistra), e le Rocche del Roero.

La zona della direttrice Bra-Sommariva fu rapidamente abbandonata e le aree paludose che si formarono finirono progressivamente per disseccarsi. Nella piana della cattura, erosa dalle acque congiunte di Tanaro e Stura, si è salvato solo il piccolo rilievo del Monte Capriolo, lasciato intatto dalle acque che compivano l'ampia curva a nord, poi tagliata negli assestamenti successivi.

I numerosi studi sul fenomeno della cattura del Tanaro hanno una lunghissima storia, fin dalla seconda metà dell'800: le diverse interpretazioni e le conoscenze acquisite nel corso del '900 hanno portato ad indicare tempi diversi a cui far risalire l'avvenimento: Federico Sacco, nel 1886, indicava il periodo che "precedette quello glaciale". Biancotti, nel 1979, osservava che "La datazione postwurmiana dell'ultima fase erosiva, l'assenza di terrazzi del Quaternario inferiore e medio a valle di Bra, gomito di cattura del Tanaro, sono elementi che portano a proporre, come ipotesi di lavoro, che la cattura del Tanaro sia posteriore all'ultima fase glaciale". L'ARPA Piemonte (2006) nella sua pubblicazione sulla geologia del Piemonte, parla di un periodo immediatamente successivo a 40.000 anni fa. Damarco (2009) indica il periodo finale del Pleistocene superiore (117.000 - 126.000 anni fa), in un'epoca successiva alla deviazione del Po. Bonetto, Boschis e Bonelli (2010), nella pubblicazione sul turismo geologico in Provincia di Cuneo, si riferisono al sollevamento della pianura, circa 80.000 anni fa o di poco successivo. Il lungo cammino della conoscenza del territorio ha quindi portato a individuare l'evento nel periodo glaciale o subito successivo, definendo in modo preciso l'avvicendamento delle varie fasi e restringendo la finestra temporale a poche decine di migliaia di anni.

Questo evento modificò radicalmente la morfologia della pianura cuneese in destra Stura. L'erosione rimontante che seguì scavò rapidamente i profondi solchi del Tanaro e di tutti i suoi affluenti.

L'erosione rimontante (detta anche regressiva) si innesca quando si modifica il profilo longitudinale del fiume. Ogni corso d'acqua, infatti, tende a raggiungere un profilo preciso, più ripido in montagna e più dolce in pianura, fino a raccordarsi con il punto di foce.

Se però qualche evento modifica questo profilo, ad esempio un abbassamento della foce (es. per subsidenza della pianura), il fiume si troverà ad accelerare il proprio deflusso, come se alla foce si fosse formata una scarpata con una cascata che viene erosa e arretra, come fanno per esempio le cascate del Niagara in USA o quelle delle Marmore in Italia. Naturalmente si tratta solo di un esempio: non è necessario questo caso estremo, ma l'erosione si attua lungo tutto il corso del fiume, ma accentuandosi dove la pendenza è maggiore. Così la zona di erosione maggiore arretrerà nel tempo e  risalirà verso la sorgente (ecco il perché del nome "erosione rimontante").

Ovviamente l'erosione scaverà più profondamente dove il dislivello fra il vecchio livello basale e quello nuovo è maggiore, cioè vicino alla foce. L'erosione proseguirà poi fino a replicare il profilo longitudinale a una quota più bassa. Così si avranno scarpate più profonde alla foce e via via meno alte verso la sorgente. Per esempio, la Stura forma scarpate di 80 metri a Cherasco, vicino alla foce col Tanaro, 70 m. a Cervere, 45 m. a Cuneo.

Anche gli affluenti dovranno approfondirsi, seguendo il loro punto di foce che scende insieme al fiume principale. Così, per esempio, si formò l'ambiente particolarissimo dei Rii di Cherasco, con profonde incisioni percorse da ruscelli di risorgiva, piccoli ma costanti. Allo stesso modo, gli affluenti che scendevano dalle colline del Roero iniziarono a scavare rapidamente quelle che oggi conosciamo come Rocche del Roero, ambiente straordinario anche per il microclima che le caratterizza.

Anche Stura subì lo stesso processo, essendo affluente del Tanaro, e ugualmente tutti gli affluenti di Stura, fino a coinvolgere l'intero bacino idrografico in sponda destra. A sinistra, invece, non restarono coinvolti altri corsi d'acqua poiché il Grana - Mellea scorreva parallelo e non era un affluente di Stura.

Dalla carta di Federico Sacco si nota un particolare che fu in seguito rivisto da studi successivi: il Pesio è disegnato come creatore della scarpata sud-est dell'altopiano del Beinale, senza fenomeni di cattura evidenziati. Sacco, infatti, riteneva che il Pesio avesse semplicemente accentuato la sua curvatura quando la pianura incrementò la pendenza verso nord. Tuttavia, la curvatura del Pesio è così netta da somigliare moltissimo ad un gomito di cattura: oggi si tende a pensare che il Pesio entrasse nella valle di Benevagienna e sia stato in seguito catturato, con la stessa dinamica del Tanaro. Sacco riteneva d'altronde che la valle di Benevagienna fosse stata scavata dal Gesso, e non dal Pesio. Oggi l'ipotesi del Gesso è oggi ampiamente condivisa, ma anche il Pesio pare abbia contribuito, come indica Biancotti (1979).

Altre conseguenze della cattura del Tanaro sono alcune delle forme erosive che si osservano in luoghi lontani anche decine di Km, come in valle Stura: a volte si sono formate con l'apporto di altre situazioni, come lo svuotamento dell'antico lago glaciale di Moiola che formò i meandri di Roccasparvera.

Le rive del fiume immediatamente a valle del ponte di San Membotto, a Moiola, sono composte di argilla finissima, tipica di un lago con acqua quasi del tutto ferma. Dopo che il ghiacciaio si ritirò, circa 12000 anni fa, le morene frontali continuarono a sbarrare il deflusso delle acque e si formò un lago. I sondaggi hanno rilevato depositi fini per una potenza (spessore) di più di 100 metri. La parte superiore è stata asportata dall'erosione e sostituite con depositi di acque più rapide: ciottoli a granulometrie anche decimetriche. La superficie a contatto delle due stratificazioni è ondulata, come si vede in foto: questa forma è tipica di questo processo erosivo - deposizionale.

BIBLIOGRAFIA

 

 

QUI l'animazione della cattura del Tanaro (Museo Naturalistico del Roero)

 

QUI il sito del Museo Naturalistico del Roero, attualmente in costruzione

 

ARPA Piemonte: Uno sguardo sul territorio - Appunti di geologia del Piemonte. A cura di Giacomelli L., Morelli M., Paro L. Revisione scientifica di Carraro F., Fioraso G., Piana F. (2006).

 

Biancotti, Augusto: Le Metamorfosi della Terra. Come acqua, aria e fuoco plasmano il volto del nostro pianeta.  Giunti editore, 1995

(in questo testo si trova la storia della cattura del Belbo e l'evoluzione futura del Tanaro, catturato dal Belbo)

 

Biancotti Augusto: Il Quaternario dell’area compresa fra Stura di Demonte e Tanaro (Piemonte sud-occidentale), Acc. Naz. Lincei, Rend., ser. 3,

66, 1979, 261-272.

 

Biancotti Augusto: Rapporti fra morfologia e tettonica nella Pianura Cuneese, Geogr. Fis. Dinam. Quat., 2, 1979, 51-56.

 

Bonetto F., Pozza P., Collo E., Bonelli E.: Geologia e Turismo in Provincia di Cuneo. (2010)

 

Carraro Francesco: Revisione del Villafranchiano nell'area tipo di Villafranca d'Asti, a cura di F. Carraro con i contribuiti di AA.VV. IL QUATERNARIO Italian Journal of Quaternary Sciences, Vol. 9° (1), 1996, AIQUA.

 

Damarco, Piero: La formazione di un territorio : storia geo-paleontologica dell'astigiano - Asti : Ente parchi e riserve naturali astigiani, 2009 (Nichelino : GEDA). - 319 p.

 

Sacco, Federico: Volume 19 di Atti della R. Accad. d. scien. di Torino: L'alta valle Padana durante l'epoca delle terrazze in relazione col contemporaneo sollevamento della circostante catena alpino appeninica, 1884

 

Sacco, Federico: La Valle della Stura di Cuneo dal ponte dell'Olla a Bra e Cherasco. Studio geo-paleontologico del Dott. Federico Sacco. Milano, 1886

 

Le foto aeree sono CC-By-4.0 ph. Giuseppe Fantino


 

 

 

Autore: Dario Olivero

Tag: cattura del Tanaro, tracimazione laterale, deviazioni fluviali, storia geomorfologica, Stura di Demonte, Rocche del Roero, Rii di Cherasco, erosione rimontante, meandri di Roccasparvera, Moiola, fiume